Queste foto le ho scattate in un mio viaggio alla scoperta della Sardegna, sono capitato in questo paese Orgosolo famoso per i murales dipinti sulle case e per il significato degli stessi murales
Orgosolo in provincia di Nuoro
Orgosolo (Orgòsolo in sardo) è un comune italiano di 4.278 abitanti, che si trova a 620 metri sul livello del mare inprovincia di Nuoro, nella regione della Barbagia di Ollolai
Il territorio comunale è prevalentemente collinare e montuoso, e l’unica area pianeggiante è la vallata di “Locoe”, lungo il corso del fiume Cedrino. L’altitudine varia dai 350-400 m. di quest’ultima fino ai 1400 m. delle prime propaggini della catena del Gennargentu, Monte Novo San Giovanni e Monte Fumai (1316 m.), Punta Sa Pruna (1416 m.) e il Monte Armario (1433 m.), la cima più alta del comune. Il paese e i suoi dintorni sono caratterizzati da spettacolari paesaggi naturali, da tradizioni e costumi di gran fascino. Il territorio comunale è molto vasto e ha una estensione di 223.66 km², comprendente una piccola frazione, in località Galanoli, a sei km dal centro principale.
In epoca preistorica, soprattutto nel periodo Neolitico, è comprovata la presenza umana in varie zone dell’attuale territorio comunale. Esistono infatti numerose costruzioni quali Dolmen e Menhir, presenti nelle zone denominate “Gorthene”, “Locoe”, “Oleìli”, “Galanoli”, “Sa Lhopasa”. Ma anche nel periodo nuragico le tracce della presenza umana sono molteplici, come testimoniato dalla presenza di numerosi nuraghi (molto conosciuto e visitato è il nuraghe “Mereu”, nel cuore del Supramonte), Domus de janas, circoli megalitici ecc. Dell’epoca romana non sono visibili tracce rilevanti, in un territorio che fu sempre caratterizzato da azioni di guerriglia delle popolazioni locali contro le legioni.
Benché Orgosolo sia un paese abitato da epoche remote, il suo nome inizia ad essere citato solo verso la metà del Trecento. Il toponimo risulta attestato per la prima volta in forma scritta nel 1341, nelle forme arcaiche Orgusula eOrgosuli. In particolare il nome del villaggio appare elencato nelle Rationes decimarum, fra i centri che versavano le decime alla curia romana.[2] In un documento catalano del 1358 (repartimientos) viene riportato un elenco pisano anteriore (del 1320) che indicava le ville sarde direttamente controllate dal comune toscano. Il documento catalano fa l’inventario per conto del catalano Giovanni Carroz dei beni entrati in suo possesso: havia en la curatoria de Gerrey I castell appallat Castell Argullot lo qual se tenia es guordava per lo senyor Rey[3]. Pertanto si evince che Orgosolo apparteneva originariamente al Giudicato di Cagliari (ed alla Diocesi di Suelli), e che vi era il “castello di Argullot”. Tale castello venne distrutto da Mariano IV d’Arborea nella sua lotta contro i catalani.
Questa tesi appare però priva di conferme e di riscontri. Infatti, secondo altri studiosi, fra cui Francesco Cesare Casula, la presenza di un castello medievale nei pressi dell’abitato di Orgosolo è fortemente dubbia poiché non esistono atti che ne facciano menzione e soprattutto perché non risultano tracce di tale costruzione nel territorio orgolese. Probabilmente l’errata interpretazione è dovuta a una nota aggiuntiva in cui Pasquale Tola, nel suo Codex Diplomaticus Sardiniae, ricorda che dopo la pace di Sanluri del 1355 venne assegnata ai Carroz la curatorìa di Pauli-Gerrei e il castello “Orgoglioso” o di “Orgosolo”. Il Tola stesso afferma però che tale fortezza si trovava nella curatoria Pauli-Gerreiappartenente al Regno di Sardegna, mentre la curatorìa a cui apparteneva Orgosolo era quella arborense Dore-Orotelli. A questo punto risulta evidente, secondo Casula, “l’equivoco sul castello di Orgoglioso confuso con quello inesistente di Orgosolo”.[4]
Nel 1388, i rappresentanti di Orgosolo compaiono fra i firmatari dei trattati di pace fra Eleonora d’Arborea e il re Giovanni I di Aragona, in quanto appartenenti a una villa che come si è visto, era sotto il controllo del Giudicato di Arborea, in una giurisdizione ultra iudicatum. Nel periodo giudicale Orgosolo fece parte del Giudicato di Torres (o del Logudoro), nella cosiddetta Curatorìa Dore-Orotelli prima e in quella di Othan-Sarule poi. Successivamente il villaggio fece parte delRegno di Arborea.
Nel 1420 Orgosolo passò al Regno di Sardegna per essere ceduto di volta in volta alle varie famiglie nobiliari sarde come gli Alagon, i Cubello, i Carroz e i Silva. Nel1724 Orgosolo ottenne dal marchesato di Orani la cessione perpetua dei terreni appartenuti al villaggio disabitato di Locòe, a pochi km a nord del paese. Gli importanti avvenimenti che investirono la Sardegna fra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento, come i moti antifeudali e lo stesso “Editto delle Chiudende”, non ebbero particolare rilevanza nella società orgolese, che continuava a basarsi su un’economia prevalentemente di sussistenza, legata alla pastorizia transumante, che sfruttava da sempre le terre pubbliche comunitarie.
Una delle figure più rappresentative di Orgosolo è quella della giovane martire Antonia Mesina, proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1987. Antonia nacque a Orgosolo il 21 giugno 1919 e fin da giovanissima entrò a far parte della Gioventù Femminile dell’Azione Cattolica. La giovane orgolese subì il martirio, lottando fino alla morte per opporsi a un tentativo di violenza sessuale da parte di un compaesano, e morì lapidata il 17 maggio 1935. In questa data viene celebrata la festività liturgica che prevede varie iniziative civili e religiose. Le spoglie della ragazza sono custodite in una cripta presso la chiesa parrocchiale del SS. Salvatore a Orgosolo, sito che è visitato da numerosi pellegrini.
l 27 maggio del 1969 sui muri del paese viene affisso dalle autorità un avviso in cui si invitano i pastori che operano nella zona di Pratobello di trasferire il bestiame altrove perché, per due mesi, quell’area sarà adibita a poligono di tiro e di addestramento dell’Esercito Italiano. Il 19 giugno 3.500 cittadini di Orgosolo iniziano l’occupazione dei campi nella località di Pratobello[6]. Dopo alcuni giorni di occupazione, nei quali non si verificò alcun episodio di violenza, l’esercito si ritirò.
Il suo nome potrebbe derivare, secondo gli studiosi, dal toponimo protosardo orgosa che significa “territorio umido, ricco d’acqua”.
Orgosolo conta un gran numero di chiese, sia all’interno del centro abitato che nelle sue immediate vicinanze. La maggior parte degli edifici sono stati realizzati a cavallo dei secoli XIV-XVI. In ambito urbano sono presenti otto chiese, quasi tutte aperte al culto:
- Sant’Antoni ‘e Su Ohu (Sant’Antonio Abate), la più antica, risalente al XIV secolo circa [8]
- Sant’Antoni ‘e Padu (Sant’Antonio da Padova)
- Santa Gruhe (Santa Croce)
- Santu Perdu (San Pietro), dedicata al patrono e già chiesa parrocchiale
- Santu Nihola (San Nicola di Mira), del secolo XV
- Nostra Sennora (L’Assunta), (sec. XV)
- Sa Lhesia Nova (SS. Salvatore), realizzata nel sec. XX, chiesa parrocchiale dal 1971
- Chiesa dello Spirito Santo, presso la frazione di Galanoli (sec. XX)
Nel nucleo urbano o nei suoi pressi risultavano presenti altre chiese ormai scomparse, dedicate a S. Elia, San Sebastiano, Sant’Elena e San Giovanni Battista
Le chiese campestri sono attualmente tre:
- Santu Micheli (San Michele Arcangelo), sul monte Lisorgoni, che domina l’abitato (XV sec.)
- Santu Nanìu (SS. Anania ed Egidio)
- Santu Malhu (San Marco), a poca distanza dall’abitato, sulla periferia sud
Siti e località di interesse archeologico
Domus de janas
- Domus de janas di Tettene
- Domus de janas di Istovuzzi
- Domus de janas di Pandelai
Nuraghe
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L’area orgolese del Supramonte ha una estensione di quasi 3500 ettari. Si tratta di un altopiano montuoso, profondamente interessato da fenomeni carsici che vedono la presenza di numerose grotte, doline (imponente è quella di “Su Suercone” o “Sielhone” in orgolese, con un diametro di circa 500 metri) e gole, fra le quali la spettacolare gola di Gorropu, una profonda depressione creata dal Rio Flumineddu con pareti verticali di 400 metri. A causa della mancanza di sorgenti o di portata rilevante, la presenza di acqua in questo territorio è assai scarsa, mentre le precipitazioni tendono a raccogliersi in piccole pozze rocciose naturali chiamate “Presethos”. Il paesaggio del Supramonte è caratterizzato dal colore bianco delle rocce calcaree che contraddistingue ampie distese pietrose che si alterna al verde del sottobosco e delle foreste di lecci. Si ritiene che nella zona denominata “Sas Baddes” sia ancora presente uno degli ultimi tratti di foresta primaria presenti inEuropa. Oltre al leccio alcune fra le specie arboree tipiche del Supramonte sono il ginepro (Juniperus) e il tasso (Taxus baccata). Molto ricca anche la flora erbacea con rare specie spontanee alcune delle quali possono essere considerate endemiche. La fauna è molto varia ed è composta principalmente da cinghiali, volpi e mufloni, anche se non mancano specie meno comuni come martore, ghiri e gatti selvatici. Nel Supramonte trovano inoltre l’habitat numerose specie di volatili, principalmente rapaci come l’aquila reale, l’aquila del Bonelli, la poiana, il falco pellegrino, il gheppio e l’astore. In passato le pareti rocciose della zona vedevano la nidificazione del grifone (Gyps fulvus) e del gipeto (Gypaetus barbatus), detto anche “avvoltoio degli agnelli”. Da un punto di vista archeologico sono presenti rilevanti tracce umane risalenti al periodo nuragico e pre-nuragico, in particolare nei complessi nuragici del citato nuraghe “Mereu” e del nuraghe “Presethu Torthu”, caratterizzati dal colore bianco della pietra calcarea con cui sono stati realizzati. Pur essendo un territorio da sempre scarsamente popolato alcune zone del Supramonte orgolese sono state, storicamente, adibite all’allevamento dei suini e al pascolo degli ovini e dei caprini. A causa delle distanze e della mancanza di strade vere e proprie i pastori erano costretti a lunghe permanenze fuori del paese, servendosi unicamente dei tipici ovili in pietra e legno (“Huviles”), alcuni dei quali ancora presenti. Attualmente le attività legate alla pastorizia si sono notevolmente ridotte sul territorio, che per contro risulta molto frequentato da escursionisti, appassionati di trekking, di archeologia e speleologia.
Ad Orgosolo si possono ammirare i tipici murales, i dipinti murari che abbelliscono e arricchiscono i muri delle case, illustrando sia le problematiche legate alla popolazione locale, sia i principali avvenimenti storici e sociali, italiani e internazionali.
Il primo murale a Orgosolo fu realizzato nel 1969 da un gruppo di anarchici milanesi, che si firmarono “Dioniso”. Nel 1975, in occasione del trentennale della Resistenza e della Liberazione l’insegnante toscano Francesco Del Casino ed i suoi alunni della scuola media di Orgosolo realizzarono altri murales, ed in seguito si aggiunse il contributo di altri artisti fra i quali il pittore orgolese Pasquale Buesca e il gruppo culturale locale “Le Api”. I murales in genere affrontano principalmente tematiche sociali, storiche e politiche. Al momento si contano più di 200 murales che ormai fanno parte integrante dell’immagine del paese, attirando migliaia di turisti italiani ed esteri.
Nonostante il patrono sia San Pietro, la festa più sentita in paese è “Nostra Sennora de Mesaustu”, la Madonna dell’Assunta, che si svolge a metà agosto. In tale occasione sfila una bellissima e solenne processione, con cavalli e costumi tradizionali per portare nelle vie del paese la statua della Madonna dormiente, molto pesante e per questo sorretta da 4 uomini a spalla. La festa continua poi con “Sa Vardia”, corsa equestre con i cavalli che vengono lanciati a coppie o a gruppi di tre e su cui i cavalieri si esibiscono in acrobazie spesso rischiose, soprattutto perché la corsa si svolge sull’asfalto cittadino. La festa religiosa prevede due distinte novene nella chiesa dell’Assunta, mentre i festeggiamenti civili si sviluppano nell’arco di circa dieci giorni, dal 13 al 23 agosto. Il 23, giorno di “S’ottada”, il paese partecipa nuovamente alla processione, stavolta notturna, in cui comunque non mancano i cavalli e i colori dei costumi. Altre ricorrenze religiose molto importanti per la comunità sono la festa diS. Antonio Abate (“Sant’Antoni ‘e su ohu”), il 17 gennaio, con l’accensione dei tradizionali fuochi in onore del santo, la festa di S. Marco (“Santu Malhu”) il 25 aprile, con l’antica l’offerta a tutti i fedeli del pane e della carne (“Sa Ita”), la festa di Sant’Isidoro (“Santu Sidore”), protettore dei contadini, tradizione recentemente ripresa dopo anni di oblio, con la suggestiva processione dei carri a buoi e la festività religiosa e civile dedicata ai SS. Anania ed Egidio (“Santu Nanìu”), la prima domenica di giugno.
Dal 2006 si svolge a Orgosolo il “Festival della Scienza”[12], che si propone di utilizzare la cultura popolare come chiave verso il sapere scientifico. Orgosolo partecipa inoltre al circuito delle sagre autunnali denominato “Autunno in Barbagia”, curato dall’A.S.P.E.N. (Azienda Speciale Promozione Economica Nuorese).[13] La tappa orgolese è chiamata “Gustos e Nushos” (aromi e sapori) e si tiene solitamente nel mese di ottobre.
Il costume tradizionale (“Su hustumene”) è custodito gelosamente da quasi tutte le famiglie orgolesi e viene indossato in occasione di alcune cerimonie e festività. Fino agli inizi del secolo XX ha rappresentato l’unico abito usato da tutta la popolazione. Si tratta di un costume piuttosto austero, soprattutto quello femminile, anche se ricchissimo dal punto di vista dei ricami e dei colori. Il costume maschile comprende “Sa Berritta”, il copricapo, “Su Zippone” (la giacca), “Sa Hamisa” (camicia), “Sa Vraha” (una specie di gonnellino in orbace) “Sos Carzones” (pantaloni in tela) e “Sas Harthas” (una sorta di soprascarpe). I principali elementi del costume da donna sono “Su Lionzu”, un fazzoletto o benda in seta gialla che funge da copricapo, il giubbetto (“Su Zippone”), una camicia bianca ricamata, “Su Sahittu” e “Sa Veste”, una serie di tre gonne (non sempre indossate assieme), e “S’Antalena”, uno splendido grembiule adornato di broccati e ricami di tipo floreale. Questi abiti vengono cuciti ancora oggi da ricamatrici locali e hanno un elevato costo di realizzazione.
A Orgosolo si tramanda da tempo immemore una tradizione antichissima, la bachicoltura, un’attività scomparsa quasi ovunque ma che nel paese barbaricino ancora resiste e si tramanda. Già nel 1837, Vittorio Angius descriveva questa attività, affermando che “È ignoto quando questa specie fu introdotta, e le donne orgolesi abbiano imparato a far quanto fanno per ridurre i bozzoli in fazzoletti e in veli o bende, come esse dicono.“[14] Il baco da seta, chiamato in dialetto orgolese “Su Ermeddu”, viene allevato al fine di ricavare la seta usata per la realizzazione del citato copricapo femminile del costume (“Su Lionzu”). Da alcuni anni, nel corso della rassegna “Autunno in Barbagia” è aperto un laboratorio in cui vengono illustrate ai visitatori le varie fasi dell’allevamento dei bachi e le operazioni di tessitura e colorazione della seta.
[fonte wikipedia]